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Gli enti del Terzo settore (E.T.S.)

Pubblicato 5 Ago alle 9:00
Categoria: GENERAL

NORMATIVA
Con ‘Terzo settore’ si indica l’insieme degli enti che operano al di fuori del Primo settore (quello pubblico, rappresentato dalla P.A. e dallo Stato) e del Secondo settore (quello commerciale, costituito dal ‘mercato’, e cioè dalle imprese, il cui fine principale è la realizzazione del profitto).
Con il Decreto Legislativo n.117/2017 (c.d. ‘Codice del Terzo settore’) è stata riformata la disciplina degli Enti del Terzo settore e sono state definite le caratteristiche e le attività che tali soggetti giuridici possono svolgere, fissando le norme relative alla loro iscrizione nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (R.U.N.T.S.).
Il nuovo registro telematico, attivo dal 23 novembre 2021, ha sostituito in modo graduale i registri delle APS, delle ODV e l’anagrafe delle ONLUS, previsti dalla normativa precedente.

QUALI SONO GLI E.T.S.?
A norma dell’art.4 del D.lgs. n.117/2017, sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, e iscritti nel R.U.N.T.S.

CHI NON RIENTRA NELLA DEFINIZIONE DI E.T.S.?
A norma del citato art.4, non sono enti del Terzo settore le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs. n.165/2001, le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti, a esclusione dei soggetti operanti nel settore della protezione civile.

ATTIVITA’ DI INTERESSE GENERALE
Se, da un lato, il Codice del Terzo settore (C.T.S.) prevede le tipologie di enti ammissibili, dall’altro enuclea quelle che sono le c.d. attività di interesse generale, elencate nell’art.5.

ATTIVITA’ DIVERSE
Gli enti del Terzo settore possono esercitare attività diverse da quelle di cui all’articolo 5, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale. Per verificare se le stesse rispettino tali condizioni, è intervenuto il D.M. 19/05/2021 con una definizione di strumentalità e secondarietà.
Le attività diverse si considerano strumentali rispetto alle attività di interesse generale se, indipendentemente dal loro oggetto, sono esercitate dall’ente del Terzo settore per la realizzazione, in via esclusiva, delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite dall’ente medesimo.
Le attività diverse si considerano secondarie rispetto alle attività di interesse generale qualora, in ciascun esercizio, ricorra una delle seguenti condizioni:
– i relativi ricavi non siano superiori al 30% delle entrate complessive dell’ente del Terzo settore;
– i relativi ricavi non siano superiori al 66% dei costi complessivi dell’ente del Terzo settore.

Nel documentare il carattere secondario delle attività di cui all’art.6, l’organo di amministrazione dell’ente del Terzo settore evidenzia il criterio a tal fine utilizzato.
Ai fini della definizione della percentuale, rientrano tra i costi complessivi dell’ente del Terzo settore anche:
a) i costi figurativi relativi all’impiego di volontari iscritti nel registro di cui all’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n.117, calcolati attraverso l’applicazione, alle ore di attività di volontariato effettivamente prestate, della retribuzione oraria lorda prevista per la corrispondente qualifica dai contratti collettivi;
b) le erogazioni gratuite di denaro e le cessioni o erogazioni gratuite di beni o servizi, per il loro valore normale;
c) la differenza tra il valore normale dei beni o servizi acquistati ai fini dello svolgimento dell’attività statutaria e il loro costo effettivo di acquisto.

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